Secondo il premier indiano Narendra Modi praticare lo Yoga, come stile di vita, è tra le soluzioni al cambiamento climatico:
“Per noi, in India, il rispetto per la Natura è parte integrante della vita spirituale. Trattiamo come sacri i doni della Natura. Lo Yoga è un dono inestimabile della nostra antica tradizione, incarna l’unità di mente e corpo, pensiero e azione, moderazione e appagamento, armonia tra uomo e Natura, con un approccio olistico alla salute e al benessere. Non si tratta di semplice esercizio fisico, ma di scoprire il senso di unità con se stessi, il mondo e la Natura. Modificare il nostro stile di vita può aiutarci ad affrontare il cambiamento climatico“.
L’interdipendenza
L’unione tra mente e corpo e soprattutto tra noi stessi e il mondo viene ripreso da Thich Nhat Hanh ne “Il miracolo della presenza mentale” dove ci introduce al concetto di interdipendenza: oggigiorno, soprattutto nel mondo occidentale, viviamo dividendo la realtà in compartimenti stagni, non cogliamo le profonde interconnessioni che ci sono tra noi, gli altri, le cose, il Mondo.
Facciamo un esempio terra terra di cosa sia l’interdipendenza. Anzi prendiamo quello del buon Tchich: pensiamo ad un tavolo. L’esistenza del tavolo dipende dall’esistenza di tutte quelle cose che Thich chiama “il mondo del non-tavolo”:
“Il bosco da cui proviene il legno, il falegname, il ferro grezzo che è diventato chiodi e viti e le innumerevoli altre cose che hanno rapporto con il tavolo [...], il sole e la pioggia che hanno reso possibile la crescita degli alberi. Se cogliete il tavolo nella sua realtà, vi accorgerete che nel tavolo sono presenti tutte quelle cose che normalmente consideriamo il mondo del non-tavolo.”
Allo stesso modo noi non siamo entità singole che viaggiano nel tempo e nello spazio isolate dal mondo, ma siamo profondamente interconnessi con tutto ciò che ci circonda, con le altre persone, con il pianeta.
“Dobbiamo imparare a vedere che la persona che ci sta di fronte siamo noi e che noi siamo quella persona”
Gli asana
Questo concetto viene ripreso anche da Donna Farhi che ci spiega nel suo “Lo yoga nella vita” che il vero motivo per cui si pratica lo yoga è diventare essere umani. Questo processo inizia dal comprendere lo spirito della pratica. Possiamo cominciare chiedendoci:
“Chi sto diventando con questa pratica? Sto diventando il mondo nel quale vorrei vivere?
Riportando la pratica dello yoga a un livello più fisico, non è un caso che i nomi degli asana, cioè delle posizioni, richiamino proprio quella interdipendenza tanto cara a Thich. Se hai partecipato almeno una volta a una classe di yoga saprai infatti che alcune posizioni hanno dei nomi quanto mai curiosi: il saluto al sole, la montagna, il corvo, il cane a testa in giù e a testa in su (povero cane), il bastone, l’arco, l’aratro e così via. Ti sei mai chiest* perchè si chiamano così?
“Quando pratichiamo gli asana cerchiamo di riscoprire l’origine di ogni movimento e, per suo tramite, il significato originario di ogni gesto [...] Diventiamo un pesce, un uccello, un albero, una montagna, rievocando così la nostra connessione con la creazione tutta, in ognuno dei suoi stadi evolutivi”
Bene ora abbiamo visto che siamo tutti parte dello stesso flusso. Ma da qui cosa ci porta a modificare il nostro stile di vita?
La consapevolezza, quella sconosciuta.
Adottare uno stile di vita yogico è un praticare costante della consapevolezza, è un esercizio di presenza mentale. Diventiamo consapevoli del nostro respiro mentre meditiamo, del nostro corpo mentre pratichiamo gli asana, della connessione con l’universo mentre cantiamo i mantra.
Come la consapevolezza del sè diventa anche consapevolezza del mondo che ci circonda? Come la pratica dello yoga ci porta ad esercitare un approccio più ecologico e sostenibile alla vita?
Per rispondere a queste domande da un milione di dollari ho chiesto l’aiuto del pubblico, o meglio a tre insegnanti di yoga: Erika Bussetti, Elena Rizzo e Federica Avanzi.
Erika , Patanjali nel suo famoso libro Yoga Sutra parla degli Otto Rami. I primi due Yama e Niyama raccolgono alcuni precetti fondamentali per il raggiungimento della comprensione universale. Ti va di spiegarci come questi precetti si riflettano nell’ambito della sostenibilità?
In Yama si raccolgono i cinque precetti che guidano la condotta morale dello yogi nella sua vita sociale: la non-violenza, l’onestà, la sincerità, la moderazione nel sesso (nel senso di vivere il sesso in modo consapevole direi io oggi) e la mancanza di avidità. In Niyama invece troviamo cinque linee guida dedicate alla condotta individuale per migliorare sé stessi: pulizia, contentezza, auto disciplina, studio dei testi, devozione. Tutti questi precetti insieme alla pratica di asana, pranayama (tecniche di respirazione), meditazione...sono una vera e propria guida al raggiungimento dello stato di illuminazione (Samadhi).
Anche non volendo arrivare a tanto oggigiorno è chiaro come praticando yoga ci si predisponga a un atteggiamento di ascolto interiore prima del corpo poi dei propri pensieri e via via delle proprie azioni nel quotidiano. Quando si parla di violenza si intende violenza di qualsiasi genere (verbale, fisica...) verso gli altri (persone, animali, Natura) ma in primis verso noi stessi. Ascoltare il nostro corpo e non superarne i limiti quando siamo sul tappetino è solo il primissimo livello. Quando parliamo di onestà o mancanza di avidità è evidente come questi siano precetti che, se coltivati in noi stessi, ci rendono consapevoli di essere individui sì, ma che appartengono a un tutto, che fanno parte di una comunità.
È così che ci si inizia a porre in ascolto degli altri e si diventa il mondo sostenibile in cui vogliamo vivere. Allo stesso modo coltivare pratiche di pulizia e cura verso noi stessi ci predisporrà sempre di più ad avere lo stesso atteggiamento nei confronti di tutto quello che ci circonda. Yoga è unione come sappiamo e cosa c'è di più sostenibile di persone unite nella consapevolezza di sé stesse e del mondo a cui appartengono?
Diventando consapevoli, prendendoci cura di noi, del nostro corpo e della nostra mente saremo sempre più inclini a prenderci cura degli altri, del mondo che ci circonda, della Natura senza cui non esisteremmo nemmeno. La nostra stessa esistenza è un miracolo. Risvegliare questa consapevolezza e mantenerla viva è ciò che lo yoga ci insegna e tutto il resto, la non violenza, la sostenibilità, l'attenzione agli altri e alla Natura...verrà da sé.
Elena, in che modo attraverso la pratica degli asana, del respiro e del canto possono portare dei benefici in termini di sostenibilità ambientale?
Il sentiero dello Yoga conduce chi lo percorre ad aprirsi con amore alla vita. Le posizioni (asana) aprono il nostro corpo e lo rendono elastico, le tecniche di respirazione(pranayama) aprono i nostri polmoni e consentono all’energia vitale di fluire dentro di noi. Cantare dei mantra apre il nostro cuore, porta pace nella nostra mente e la nostra gola ritrova la gioia di esprimersi liberamente. E’ questo aprire che compie il miracolo, perché mano a mano che ci apriamo alla vita avvengono cose meravigliose: mente e corpo diventano più elastiche, perdiamo la voglia di giudicare, impariamo a lasciare andare tutto quello che non ci serve, torniamo ad essere curiosi, propositivi e ritroviamo lo stupore della nostra infanzia. Le cose semplici, come il tamburellare delle gocce di pioggia, il profumo di un fiore, il canto degli uccelli, le infinite sfumature di verde dei prati, i cerchi nell’acqua, il continuo mutare delle nuvole, tornano ad incantarci e sentiamo il profondo legame che ci lega alla natura, al nostro pianeta e al suo mistero. Questo sentirci connessi alla natura ci porta inevitabilmente ad essere attenti a cosa mangiamo, a come consumiamo, a come impattare il meno possibile sull’ambiente e a chiederci, prima di fare un acquisto, da dove arriva un determinato prodotto e a come è stato fatto. Essere aperti alla vita significa lasciare spazio all’amore e a voler portare amore in ogni cosa che facciamo. Questo modifica il nostro atteggiamento che non sarà più quello di voler prendere tutto quello che possiamo dall’ambiente nel quale viviamo per colmare il nostro senso di vuoto, ma al contrario ogni nostro gesto sarà mosso da un profondo senso di rispetto verso tutto quello che ci circonda e dal desiderio di rendersi utili, di mettersi al servizio del prossimo e del nostro pianeta.
Detto così potrebbe suonare molto teorico, ma la cosa incredibile è che la pratica dello yoga ti trasforma completamente e illumina la tua anima, facendoti diventare il miglior te stesso possibile.
Uno dei mantra più importanti e famosi dello Yoga è il Gayatri Mantra, un canto dedicato a Savitr, il Sole, ciò che dà la vita. In questo canto chiediamo al Sole di indicarci la strada, di illuminare le nostre menti, di mantenere viva la fiamma della nostra consapevolezza e la nostra capacità di discernimento. Ci affidiamo quindi alla natura, perché il nostro legame con essa ci guidi, perché possiamo vivere in completa armonia con lei, ben consapevoli che siamo tutti connessi, siamo tutti foglie di un immenso splendido albero e dal nostro benessere dipende il benessere di tutti gli altri. Lo yoga ci porta proprio qui: ci porta a camminare nel sole, in armonia con l’universo.
Federica, come quindi lo yoga come disciplina nel suo insieme può rendere le persone più consapevoli e quindi automaticamente più propense ad un approccio sostenibile della vita?
Se intendiamo oikos anche come “casa”, la prima casa che abitiamo siamo noi stessi. Lo yoga promuove lo sviluppo di un ascolto attento di noi stessi e il prendersi in carico di questa casa che abitiamo, il nostro corpo e la nostra mente, e di metterla in relazione con tutte le altre “case” animate e inanimate che ci circondano. Come pensiamo di poter agire in difesa di qualcosa che continuiamo a definire come esterno se non interiorizziamo questo legame profondo con l’esterno, con l’ambiente?
Abbiamo uno strumento di una potenza inaudita che ci aiuta sulla strada verso la consapevolezza – anche se abitiamo in città, anche se non abbiamo un balcone, anche se non abbiamo tempo. Nelle mie lezioni, come sai, in apertura invito sempre all’ascolto del proprio respiro, della sua qualità e di cosa ci dice di noi: il respiro incarna la cerniera tra quello che prendiamo dall’ambiente, il prana, che è il principio universale della vita, e quello che rilasciamo nell’ambiente, il nostro prana, la nostra energia. L’approccio ecologico dello yoga alla vita quindi lo potremmo far originare già da questo semplicissimo gesto di attenzione: per rimanere in vita, mi serve qualcosa che non è mio, prendo in prestito dall’ambiente inspirando “qualcosa” ed espirando cedo “qualcosa” di mio che però a sua volta andrà a nutrire l’energia dell’aria e sarà preso dall’inspirazione di qualcun altro.
Possiamo già farci delle domande: “In che modo prendo questa aria, vitale per me, dall’ambiente? Come mi pongo in questo scambio? Provo gratitudine? Sono consapevole di questo gesto? Sono occupato solo a pensare ai miei pensieri? Quante persone e animali e piante e mari e montagne respireranno il mio respiro? E cosa ho da offrire a questa aria? Che tipo di energie rilascio in questo ambiente? Energie di cura e attenzione? Di gratitudine? Energie di indifferenza e di rabbia?”.
Lo yoga, inteso come antica tecnologia psicologica e di relazione tra l’uomo e l’Universo e non meramente come ginnastica acrobatica, ci segnala di porre attenzione al tema dell’intenzione e dell’intenzionalità: intenzione significa orientare la propria coscienza verso il compimento di un’azione, in modo che l’energia scaturita da questa intenzione dia un “colore” a tutto il processo, dia il ritmo e ne segni il passo. Così se intendiamo il respiro come uno scambio energetico tra noi e l’ambiente, tra l’interno e l’esterno, di che colore vogliamo che sia questa relazione? Che sia una relazione tossica, priva di energie, indebolita? Oppure vogliamo costruire e impegnarci per una relazione sana, gioiosa, rigenerante?
Ecco allora secondo me come lo yoga contribuisce a indicare la strada che siamo chiamati con urgenza a percorre nei confronti di questa nuova semantica di sostenibilità umana prima e ambientale di conseguenza. Non possiamo pensare che in questo momento storico si possa essere pro o contro l’ambiente: la nostra sopravvivenza quotidiana è naturalmente dipendente da qualcosa di esterno, che non ci appartiene ma della quale facciamo parte.
Siamo un pezzo del tutto, non il Tutto. Siamo un respiro tra miliardi di miliardi di respiri, e insieme siamo una parte infinitesimale del respiro dell’Universo. In questa giornata così importante per lo yoga penso sia doveroso ricordarci - come praticanti, insegnanti e maestri - che vivendo lo yoga quotidianamente e con consapevolezza possiamo incarnare l’impalcatura robusta che ci aiuterà in questa transizione, da un mondo eco-illogico perché creato sui bisogni dell’uomo ad un Universo eco-logico fondato sulle leggi immense del Cosmo.